PIGAFETTA IN PATAGONIA #PiP
“Da quando venne scoperta da Magellano, nel 1520, la Patagonia fu conosciuta come una terra di cupe nebbie e di venti turbinosi ai confini del mondo abitato.
La parola “Patagonia”, come Mandalay o Timbuctù, si impose alla fantasia occidentale come metafora di Estremo Limite, il punto oltre il quale non è dato andare”
(Bruce Chatwin, Paul Theroux, Ritorno in Patagonia, prima ed. 1991)
500 anni fa l’uomo europeo giungeva in una terra completamente nuova e diversa, la Patagonia. Mai l’uomo europeo si era spinto così a sud. Lasciate infatti le coste del Brasile (la Terra del Verzín) e la foce del rio de la Plata – luoghi già noti grazie ai viaggi di Amerigo Vespucci e di Juan Díaz de Solís – la spedizione percorre nuove rotte navigando oltre il 49° parallelo sud. Pigafetta racconta il lento percorso attraverso terre poco ospitali, battute dal vento, scarsamente abitate, ma di grande fascino.
Qui, dopo mesi di totale solitudine al riparo dai rigori dell’inverno al porto di San Julian, all’inizio di giugno 1520 ha luogo uno degli incontri più significativi di tutta la spedizione, quello con i “giganti” che Magellano chiamò, come registra Pigafetta, Patagoni. Da allora queste terre, che oggi corrispondono alle estremità meridionali di Cile e Argentina, sono note come Patagonia.
Nella “Relazione del primo viaggio attorno al mondo” di Pigafetta le pagine dedicate alla Patagonia sono tra le più intense: il vicentino, indossate le vesti del protonaturalista e del protoantropologo, registra con occhio attento e sensibile quanto vede e specialmente chi incontra, descrivendone presenza fisica ma anche dimanimiche sociali. Sono passaggi ricchi di spunti e di enorme impatto sulla costruzione della immagine della Patagonia, reale e letteraria.
Il nome stesso “Patagonia” conferma la straordinaria vicinanza tra letteratura e realtà: se in passato il termine veniva riferito alla radice iberica pata (piedi), dunque Patagoni, uomini dai grandi piedi, oggi sappiamo che il termine deriva molto più probabilmente da un personaggio del romanzo spagnolo Primaleon pubblicato a Salamanca nel 1512. E che dire del mito dei “giganti” Patagoni? Esso ha avuto origine proprio dal testo di Pigafetta ed è durato fino oltre la metà del XVII secolo.
Oggi parlare di Patagonia ci dà la possibilità di raccontare un brano dimenticato della storia e di riscoprire il ruolo di Pigafetta e di un gruppo di uomini che navigarono verso l’ignoto. Ma ci offre anche l’occasione per parlare del nostro presente, riflettendo da un lato su come la Patagonia stia mutando a causa dei cambiamenti climatici e .
IL PASSAGGIO
"Credo che non sia al mondo il più bello e miglior stretto come è questo"
(dalla "Relazione del primo viaggio attorno al mondo", di Antonio Pigafetta)
500 anni fa, la tenacia di Ferdinando Magellano portò all’attraversamento del passaggio naturale che unisce l’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico. Si tratta di un canale stretto e tortuoso sulla cui esistenza si alimentava la speranza di poter abbreviare il viaggio verso le isole delle Molucche riducendo tempi, rischi e dunque costi delle merci che da là provenivano. La sua esistenza e la sua praticabilità (due aspetti non scontati) erano ciò su cui il comandante portoghese aveva scommesso riuscendo ad ottenere l’appoggio di Carlo V.
Il passaggio ha luogo, tra imprevisti, soste e difficoltà, dal 21 ottobre al 28 novembre del 1520: circa 37 giorni che portano per la prima volta l’uomo europeo ad affacciarsi sul Mar del Sud, poi detto, proprio da Magellano, Pacifico.
Nella “Relazione del primo viaggio attorno al mondo” di Pigafetta compare la prima rappresentazione dello stretto: da capovolgere, visto che la mappa è orientata a sud, come la maggior parte della cartografia del tempo.
Il passaggio dello stretto è l’episodio cruciale della spedizione. Ed è una prova di coraggio e abilità eccezionale. Magellano e la sua “Armata delle Molucche”, ridotta – meglio ricordarlo – a sole tre navi dopo che la Santiago era andata distrutta, nel maggio 1520, in un temporale lungo costa e dopo la dipartita della Sant’Antonio (che diserta facendo vela verso la Spagna non appena certa di aver individuato il passaggio), riescono a superare una prova considerata ancor oggi tra le sfide più difficili nella navigazione. Raffiche di vento continue (a proposito: sapevate che il termine “raffica” compare per la prima volta proprio nella Relazione di Pigafetta?), forti correnti e un dedalo di canali in cui Magellano e i suoi navigavano alla cieca avrebbero scoraggiato chiunque, ma la tenacia di Magellano porterà al traguardo tanto atteso…e finalmente “il capitano generale lacrimò per allegrezza”.